lunedì 5 novembre 2018

Michael Jackson: il Supereroe Nero


Da Jay-Z a Henry Louis Gates, la black culture americana racconta l'eredità del Re Del Pop: «Senza di lui Obama non sarebbe stato presidente»


Quando Michaell Jackson era un ragazzo, non era necessario dire “nero è bello”, ma bastava solamente guardarlo per riconoscerlo immediatamente. Nel 1969, nei giorni in cui le persone di colore rivendicavano la bellezza dei tratti somatici africani, arrivò lui come fosse la conferma di quell’idea. Con il suo viso d’angelo e la sua pelle perfetta, un naso imponente e un esplosione di ricci in cima alla testa, proprio in un’epoca in cui le acconciature afro erano un simbolo dell’‘orgoglio nero’.


 «La gente rispose in maniera viscerale alla bellezza di Michael Jackson», ha commentato il professore di Harvard Henry Louis Gates Jr. Nel 1969 era passato appena un anno dall’assassinio di Martin Luther King Jr., e il movimento per i diritti civili e in difesa delle persone di colore sembrava si sarebbe disintegrato, quando Micheal fece il suo ingresso in scena: un prodigio della musica soul, sprizzante di ottimismo e di entusiasmo giovanile. «Era un bambino che aveva già totalmente capito la lingua dell’R&B», ha detto il veterano dell’industria musicale Gary Harris. «Era come il risultato di un esperimento da laboratorio del soul. Se Diana Ross e Stevie Wonder avessero avuto un bambino, quello sarebbe stato Michael Jackson».

 Diventò immediatamente il primo ragazzino di colore nella storia a diventare una star. Tutti i primi quattro singoli dei Jackson 5 raggiunsero le prime posizioni della Billboard’s Hot 100 per una esordio incredibile. La gente di colore se ne innamorò subito e Michael diventò molto di più che un semplice artista, ero come se per ognuno quel ragazzino fosse un membro della propria famiglia. Le persone si sentivano protettive nei suoi confronti , pensavano a lui come si fa con un fratello più piccolo. «Lui era ‘nostro’», ha detto Q-Tip, «Lui ha significato tutto per la black culture».

 Ma non riguardava soltanto Michael. Solo qualche hanno prima l’amministrazione Johnson dichiarava ‘corrotta’ la famiglia nera con il Moynihan Report, e la grande famiglia Jackson con la sua immagine, unita, vivace, di successo e apparentemente felice, dava all’America una figura idealizzata della felicità domestica. Jay-Z mi ha confessato che da bambino cresceva con il desiderio di essere Michael Jackson, mentre cantava insieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle. «C’erano Michael e i suoi quattro fratelli», ha detto il reverendo Al Sharpton, «tutti talentuosi e belli, il padre forte e la madre che teneva le redini della famiglia, e poi c’era Janet, le persone di colore si sentivano come “Wow tutti questi talenti nella famiglia ci mostrano che possiamo contare qualcosa”. Eravamo orgogliosi di loro».

 Michael ebbe anche una seconda famiglia: la Motown era un marchio fortemente radicato nelle comunità nere. Se Berry Gord diceva che il materiale era abbastanza buono per esser pubblicato, potevi scommettere che sarebbe stato un successo. I Jackson 5 erano l’ultimo grande nome ad essere uscito dall’etichetta di Detroit, ulteriore prova della teoria di Malcolm Gladwell in Outliers: The Story of Success per cui è il momento storico in cui si vive a determinare la possibilità o meno di successo.
«I Jackson sono stati la prima famiglia di sempre a beneficiare concretamente dell’era post-diritti-civili in America e della nuova politica di apertura verso artisti di colore» ha detto ?uestlove. «Il 1969 è stato l’anno in cui i confini sociali si sono aperti a un undicenne che sulle sue spalle portava l’America del post Malcolm/Martin/Motown. Gli storici dimenticano sempre di come queste tre M aiutarono l’America nera». 

'Thriller' arrivò alla fine del 1982 come l’affermazione definitiva che una generazione era pronta a fare la sua mossa. Jesse Jackson avrebbe fatto un tentativo per la presidenza, Eddie Murphy si stava lanciando all’assalto delle vette di Hollywood, Oprah Winfrey avrebbe iniziato il suo talk show leggendario mentre Bill Cosby metteva in piedi la miglior sitcom del decennio. Ma prima che tutto questo iniziasse, nell’aria già si respirava l’esplosione della black culture e Michael non vedeva alcun motivo per cui il colore della pelle avrebbe dovuto frenare la sua ascesa verso l’Olimpo della musica e di portare il suo talento allo zenith. L’attuale presidente della Motown, Sylvia Rhone, ha detto: «Durante la sua carriera, il suo successo ha cambiato drasticamente il mio punto di vista sulle possibilità che potevano aprirsi per gli afro-americani».

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