Dalla rivista “History” n°4 1996, intervista a Marcel Marceau, che racconta come nacque la collaborazione tra lui e Michael per lo show che si doveva svolgere a New York (dicembre 1995), che poi non si concretizzò per il noto malore accusato da Michael.
History Magazine: Ci può raccontare la prima volta che ha incontrato Michael Jackson?
Marcel Marceau: ho appreso che Michael Jackson era un mio fan quando arrivò in Francia nel 1988 durante il Bad tour. Aveva detto che voleva incontrare due persone, mentre era qui: Marlene Dietrich e Marcel Marceau.
Qualcuno gli chiese "Ma perché Marcel Marceau? Non parla nemmeno (La domanda è stata probabilmente posta da qualche giornalista dilettante che in realtà non l'ha associata). Michael Jackson rispose che ogni volta che io andavo a esibirmi negli Stati Uniti, veniva ai miei spettacoli, e che era sconcertato da una domanda così assurda. Il giornalista non sapeva cosa dire dopo …
Michael Jackson venne poi a vedermi esibire a Londra, mentre ero lì in tour. E' stato allora che ho avuto modo di incontrarlo per la prima volta. Eravamo sul palco insieme a teatro, mentre stavo recitando una chiacchierata. Mi disse, in particolare, che era colpito dalla mia camminata contro la mimica del vento.Più tardi, usò questo effetto nel suo "moonwalk". Il nostro primo incontro insieme è stato meraviglioso. Mi ha detto: "Marcel, la tua arte è fantastica".
Lui apprezza molto la poesia al rallentatore del mimo, il suo lento movimento mimico, il silenzio ... ho scoperto che era venuto a vedere la maggior parte degli spettacoli che ho fatto negli Stati Uniti quando era piccolo.
Veniva a vedermi esibire in segreto, non avevo idea che fosse tra il pubblico. Lui conosce il mio lavoro fin dall'inizio della mia carriera, e mi pone tra coloro che lo hanno ispirato di più, come Fred Astaire e altri. Ma è, comunque, una persona molto particolare, non è un imitatore. Credo che sappia scegliere tra l'artista migliore, qualunque sia il loro campo.
HM: quale immagine aveva in realtà di Michael Jackson prima di incontrarlo?
MM: Lo collegavo con il canto e con lo scrivere le canzoni, il ritmo della musica, la parte pop. Avevo notato che era un ballerino incredibilmente dotato di agilità straordinaria dal modo in cui si muove.
HM: quando lo ha visto successivamente, dopo questo primo incontro?
MM: Michael Jackson mi ha invitato a casa sua nel 1992, mentre stavo facendo un tour attraverso gli Stati Uniti. Abbiamo parlato a lungo insieme. Mi ha detto di quanto era stato impressionato dalle mie esibizioni, dalla maschera bianca che indosso, dalla mimica che faccio. Allo stesso modo che è un grande ammiratore di Chaplin, adora l'arte della mimica.
La prima cosa che mi ha chiesto quando l'ho visto era se avevo del mio materiale registrato in video. "Naturalmente", ho risposto. "Oh splendido", ha detto. Mi ha detto che era una cosa importante da fare "per la storia"
HM: Quali sono state le circostanze in cui Michael Jackson le ha offerto di partecipare al suo concerto per il canale americano HBO?
MM: Ero in tour in Argentina nel 1994, quando ho ricevuto una telefonata da Michael Jackson. Mi ha detto che aveva scritto una canzone dal titolo "Childhood". Ha iniziato a cantarmela per telefono. "Mi piacerebbe molto se si potesse mettere in scena questa canzone su uno palco", mi ha detto, "e mi piacerebbe anche recitarla insieme a te. Quel personaggio al rallentatore dei tuoi ... sarebbe meraviglioso!".
Mi sono detto che quello era solo un suo modo per parlare, che nulla era davvero definito. Quando stai chiacchierando al telefono, un accordo verbale è ben lungi dall'essere un contratto, dopo tutto. Così gli ho detto: "Michael, ho intenzione di darti il mio numero di Parigi. Chiamami se ti fa piacere, e se lo facciamo insieme, lo faremo come da manuale".
Non molto tempo dopo questa conversazione, sono tornato in Francia e mi chiamò a casa. Ha iniziato a cantarmi la canzone per telefono. Gli ho chiesto: "Come si fa a vedere di fare questa cosa insieme? Inviami una sceneggiatura" a cui rispose "no. Voglio che tu faccia la coreografia, che eseguiremo insieme. Dovrò preparare un contratto".
Ero in tour a Bangkok quando l'agente americano di Michael Jackson mi ha contattato. Abbiamo deciso, in collaborazione con la HBO, che lo spettacolo sarebbe stato per il Natale del 1995. Tutto era pronto. Questo è quando sono partito per gli Stati Uniti, dove sono stato ricevuto da Michael Jackson in grande stile. Era felicissimo di avermi lì, e abbiamo iniziato a provare subito. Mi ha dato "carta bianca". Avrei mimato qualunque cosa mi piacesse per la melodia della bellissima canzone "Childhood".
Michael Jackson voleva qualcosa di concreto. Fare il mimo è criptico; uno non può mimare i gesti in una canzone, ci deve essere una sorta di leggerezza lirica, e "Childhood" è una canzone di grande volo lirico. Per me, questa canzone ha qualcosa che mi ricorda alcuni dei più grandi versetti più bizzarri dei poeti francesi del secolo scorso, come Rimbaud e Baudelaire, ognuno dei quali hanno scritto con grande passione della loro infanzia perduta, della loro infanzia infelice, l'infanzia che non sarebbero mai in grado di rivivere ... Parole, versi che vengono direttamente dal cuore.
Per questa particolare versione di "Childhood" di Michael come ho detto, ho avuto "carta bianca", ero libero di fare quello che volevo.
Ma al tempo stesso, chiedevo a Michael continuamente se gli piaceva quello che stavo facendo con la sua canzone: così si potrebbe dire che abbiamo lavorato insieme su di essa.
HM: Ha preparato il numero prima di partire per New York?
MM: No. L'ho fatto tutto lì. Il contatto diretto con Michael Jackson era essenziale
HM: Ci può raccontare un pò della sua collaborazione con Michael ed i risultati della vostra interpretazione di "Childhood"?
MM: Quando la canzone inizia, Michael è sul lato del giardino (a sinistra quando si guarda la scena dal pubblico, ndr) e io sono sul lato del cortile (a destra). Lui comincia a cantare, e quindi la telecamera gira verso di me. I mimo i temi della canzone. Quando lui dice che sta cercando la sua infanzia, corro sul posto. Le immagini emergono molto intensamente, la mimica è un modo di condensare concetti e immagini ...
HM: personalmente che cosa ne pensa della canzone "Childhood”? La ispira?
MM: E' una canzone molto bella. La melodia, i tempi del ritmo sono eccezionalmente toccanti. C’è anche una grande quantità di una certa tristezza in "Childhood", si tratta di un messaggio direttamente dal cuore, in un certo qual modo lo sta gridando a tutti. E' vero che Michael Jackson ha iniziato molto giovane, non ha mai veramente avuto un'infanzia. Ma ciò che ha vissuto non è certamente da compatire: era felice di esibirsi e di avere successo.
Ma il suo enorme successo deve essere visto alla luce delle pretese arrivate su di lui dalla sua popolarità. E’ costantemente sotto pressione. E' praticamente in schiavitù, a volte.
HM: il Michael Jackson che ha incontrato nel 1988 era la stessa persona che ha visto di nuovo nel 1995?
MM: Sì, è lo stesso. In primo luogo perché a quell'età non si cambia, in secondo luogo, perché ha la stessa gentilezza e il rispetto di cui è famoso. A volte si ha l'impressione che è un personaggio completamente di un altro pianeta. E' così agile, così eccezionale.
Avevo sentito dire che in realtà non gli piace essere toccato. Ma posso dirti che alla fine del nostro numero "Childhood", in duetto, è venuto verso di me cantando "...have you seen my childhood...", e con un gesto della mano gli mostro la strada. Finiamo il pezzo insieme, così contemporaneamente che siamo quasi un unico corpo che si muove insieme. E' stato molto, molto puro. Poetico.
Per quanto mi riguarda, Michael Jackson è un vero poeta, un grande poeta della canzone. E' anche un ballerino straordinario e uno showman con un grande rispetto per il teatro, per la musica e per il cinema. Uno può sentire il bisogno, la necessità di dare, che proviene da dentro di lui. Lui è una persona pura e vera.
Ma è anche vero che tutti vogliono attirare la sua attenzione, è incredibilmente sollecitato, e quando sei sollecitato più di tanto, puoi cadere vittima di ogni sorta di cose sfortunate.
E' la mia più profonda e più sincera convinzione che Michael Jackson è una brava persona, un bravo ragazzo con un incredibile fardello, una responsabilità da portare sulle sue spalle.
La gente dice che sta diventando sempre più bianco, ma dal mio punto di vista, ciò non è affatto un problema. Credo che abbia il diritto di creare qualsiasi personaggio mitico teatrale che sceglie. Non solo sulla scena, inoltre, ma anche in televisione. In ogni caso, lui non nega di essere nero. Tutti i tipi di voci assurde che girano su Michael. Penso che la maggior parte di loro siano inventate da persone maliziose, solo per fare soldi alle sue spalle. Io so che tutto ciò che è molto difficile per lui, e capisco perché.
HM: Come sono andate le prove per il concerto ?
MM: molto bene, in realtà. Ero lì per tutti loro: c’erano circa 20 ballerini che fanno queste mosse molto chiassose. Michael Jackson era circondato da una serie di ballerini, ballerini neri, quelli che si potrebbero chiamare "street dancers" in sostanza.
Guardando questi numeri di danza mi hanno fatto un'impressione reale su di me: erano l'espressione dell’ angoscia per mezzo della violenza e della rissosità.
Michael ha scelto di intrecciare la poesia di "Childhood" dentro queste danze. Fin dall'inizio, voleva visualizzare, in questa canzone, il desiderio della sua giovinezza.
C’è, in particolare, un passaggio in cui lui parla di pirati, di conquista e di re. Per effettuare la trasformazione da un pirata a un re sul palco, c'è solo il mimo. Ci sono vari componenti di atteggiamento verso questo, il mimo è, dopo tutto, l'arte della metamorfosi. E' difficile farlo per un ballerino. Un mimo lo farebbe attraverso l'atteggiamento; lui sarebbe passato da essere un pirata ad essere un re.
Michael Jackson ha visto il mio lavoro, in particolare Le Mangeur de Coeur, ("La mangiatrice di cuore") sa che posso esprimere grandi temi e concetti. Abbiamo lavorato insieme e, più progressi facevamo insieme, più era felice.
Quando arrivò per noi il giorno di ricevere la stampa al “Beacon Theater”, c'erano almeno una dozzina di giornalisti televisivi e oltre 300 giornalisti. Michael ha detto: "Permettetemi di presentarvi il mio amico Marcel Marceau, il più grande mimo del mondo ..." Il New York Times scrisse in seguito che Michael Jackson e Marcel Marceau insieme era un evento logico. Il giornalista ha spiegato, abbastanza equamente, che Michael Jackson aveva reso omaggio a Charlie Chaplin con la sua canzone "Smile", e che questi due artisti erano per lui una fonte di ispirazione liricamente importante.
HM: Dove era quando Michael ha avuto il suo malessere?
MM: Ero al “Beacon Theater”, stavo guardando le prove e le danze, che erano meravigliose. Michael Jackson era sul palco con circa 15 ballerini. A un certo punto mi sono allontanato per prendere qualcosa da bere e poi, all'improvviso, c'è stato questo grande silenzio. Si è fermato tutto. Un attimo prima la musica era rimbombante, le luci erano lampeggianti, e poi in un attimo c’è stato questo grande silenzio, era come se il mondo fosse giunto al termine.
Sono ritornato di nuovo dove stato guardando le prove, e non riuscivo a vedere Michael Jackson; lui era crollato, aveva perso conoscenza, ed era sul pavimento. Eravamo tutti pietrificati.
C'erano delle persone intorno a lui, lui non si muoveva affatto. Sono arrivati i paramedici, e quando li ho visti andare sul palco ho avuto davvero paura. Siamo stati condotti tutti fuori del teatro e, solo più tardi, abbiamo saputo che stava bene.
Gli ho inviato una lettera in ospedale, e mi ha mandato un messaggio tramite il suo staff, che la mia lettera lo aveva rallegrato e che non vedeva l'ora di rivedermi. Ciò che la stampa disse è, per una volta, vero: era assolutamente esausto. Il che non è sorprendente, considerando tutto lo sforzo che stava mettendo sul suo canto, sul ballo e sulla recitazione in una sola volta, così intensamente, e con l'angoscia di un nuovo pezzo, calcando un nuovo campo. Tutti gli artisti hanno paura del palcoscenico in questo modo.
Michael Jackson è molto contento del lavoro che abbiamo fatto insieme in "Childhood", ma ho l'impressione, tuttavia, che era a disagio con il resto. Naturalmente, il nostro numero insieme non richiede lo stesso sforzo fisico di ballare sul palco con 15 ballerini professionisti, e al tempo stesso di essere responsabile per la coreografia. Personalmente, ero sicuro che il suo show sarebbe stato un buon compromesso. Ero assolutamente certo.
HM: Ha notato segni di stanchezza di Michael? Poteva vederli sul suo viso?
MM: No affatto, se avessi lavorato con lui tutto il giorno, forse avrei notato qualcosa. Ma quando sono venuto a provare con lui, era affascinante, come al solito: non vi era alcun segnale che fosse sull'orlo di una crisi. C'era lo stress, naturalmente, che potevi percepire, ma non lo dava a vedere. Ed era disidratato. Non è un problema di cuore, a mio parere, perché per essere in grado di ballare come balla, e di avere la resistenza che ha, devi essere in ottima salute, e certamente lo è.
HM: In generale le sembra che Michael era felice?
MM: Penso che quando lui sta lavorando, sì, lui è felice. Non avrebbe mai potuto fare quello che fa se non fosse soddisfatto dalla sua arte. E' ancora il bambinone che tutti gli artisti sono, in realtà. Tutti gli artisti che creano sono solo dei bambini che sono cresciuti nel corso della loro vita, pur mantenendo questa purezza, questo attaccamento alla loro infanzia.
HM: Pensa che il successo di Michael Jackson rimarrà per un lungo tempo a venire?
MM: Sì, credo che lui e il suo lavoro continueranno a crescere, perché Michael Jackson è una persona molto profonda. Siamo fortunati ad averlo tra i grandi della nostra epoca. E lui rimarrà un grande, non solo per la sua musica pop, ma per i molti temi che traduce in arte. Attraverso il suo modo di ballare, per esempio, evoca la violenza di questa vita, l'angoscia che caratterizza la nostra epoca. C'è l'eterno bambino in lui, così come il poeta, il lato profondo della sua persona. Michael Jackson è profondo, per capire questo, bisogna guardare la clip che ha fatto per la sua "Earth Song". Lo giudico un capolavoro straordinario da parte di un artista eccezionale.
HM: Marcel Marceau, in questa intervista abbiamo parlato quasi esclusivamente di Michael Jackson, ed è stato così gentile da rispondere a tutte le nostre domande con una meravigliosa disponibilità, che abbiamo apprezzato immensamente. Come si fa a spiegare la modestia di un artista della sua fama?
MM: Un giorno, nel lontano 1967, ho incontrato Charlie Chaplin. Ero con un amico, eravamo in un aeroporto, e Chaplin era seduto a poca distanza da me. Era con i suoi figli, che erano solo dei bambini allora. Il mio amico mi ha detto: "Sai, Charlie Chaplin è seduto lì e ti sta proprio guardando".
Non volevo alzarmi e andare là e parlare con lui, dargli fastidio. Certo, ero Marcel Marceau, già famoso negli Stati Uniti da più di dieci anni, ma mi sono sentito abbastanza timido, umile, accanto a un artista della statura di Chaplin. E quasi mi terrorizzava di andare a parlare con lui, ma stava guardando dritto verso di me. Dovevo andare, ed c’è stato l’ incontro. Disse ai suoi figli: "Bambini, venite a incontrare Marcel Marceau".
Un pò più tardi, una delle persone che lo accompagnavano venne a dirgli che il suo aereo stava per partire. Mi resi conto allora che non avrei mai potuto rivederlo di nuovo e ho pensato tra me e me "che cosa dovrei dire? Come è possibile dire grazie a un uomo come Chaplin?" Come ci siamo lasciati, ho preso la sua mano per baciarla, cercava di tirarla via, ma l'ho tenuta e l’ho baciata. Aveva le lacrime agli occhi in quel momento, e alla fine partì.
Ho chiesto al mio amico perché Chaplin aveva le lacrime agli occhi quando gli ho baciato la mano, e lui mi ha detto "perché sei Marceau" Quello che voleva dire è che, all’epoca, Chaplin aveva 78 anni, non aveva più la popolarità che aveva una volta, quando era al suo apice, la popolarità che in seguito riacquistò. Ed è in questo contesto che Marcel Marceau gli si è avvicinato per baciargli la mano, io ero il più grande mimo del momento, la gente parlava di me, ero riconosciuto dal grande del genere cinema muto, Charlie Chaplin.
Questo è ciò che più lo ha toccato e io naturalmente ho una stima enorme per Chaplin. Altrettanto per Michael Jackson, per il talento enorme che dimostra. E Michael Jackson ha questa stessa stima per me. Ognuno di noi rispetta l'altro. Il rispetto è umiltà. Perché non si è mai del tutto sicuro di sé stessi, anche se si sa che sei all'avanguardia della tua forma d'arte.
GALLERIA FOTOGRAFICA
MICHAEL WITH MARCEL MARCEAU AT THE BEACON THEATRE IN NEW YORK. 04 DECEMBER 1995.
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