lunedì 15 dicembre 2014

Perchè si piange quest’uomo per le strade del mondo? B. Kaufmann


di ©Barbara Kaufmann
21 Maggio 2010

Fiori, foto, messaggi, peluche, palloncini, candele... hanno cominciato a spuntare spontaneamente nei luoghi-simbolo e nei luoghi legati alla memoria di Michael.
Dal 25 giugno 2009 simboli estemporanei della sua presenza appaiono nel mondo per ricordare la sua scomparsa. Memoriali, sacrari e tributi sono intorno alla sua stella sulla ‘walk of fame’ di Hollywood, all’Apollo Theater, a Neverland, all’Arena O2 di Londra, allo Staples Center di Los Angeles, e questo scenario si ripete ovunque sia passato. Ovunque, dalla Danimarca al Sud Africa e in ogni continente ci sono lacrime e musica e ricordi e canti e ancora lacrime...

Accade raramente di vedere questo tipo di lutto collettivo per le strade del mondo. E’ successo per i Kennedy, per Martin Luther King e John Lennon e abbiamo assistito ad una dimostrazione spontanea d’amore di tale portata quando morì la ‘Regina di Cuori’ Lady Diana.
Quando chi amiamo collettivamente ci viene portato via, piangiamo apertamente e senza vergogna. Questo pianto collettivo è la consapevolezza della perdita di qualcosa di prezioso che non sappiamo bene come chiamare.

E’ stato uno di quei momenti dove si dice “dov’eri quando è successo...” e ora è incastonato nella coscienza collettiva come l’incidente del Challenger, l’allunaggio, l’assassinio di Kennedy, l’ammaraggio dell’Apollo 13, il fatale incidente di Lady Diana, l’assassinio di John Lennon e l’attentato alle Torri Gemelle del World Trade Center a New York. Ci sono momenti che segnano le nostre vite e fanno risaltare ciò che prendiamo per scontato e per cui forse abbiamo dimenticato di essere grati. I volti dei famigliari di Michael ci rimarranno impressi per sempre nella memoria, come le parole di sua figlia Paris quando dichiara che era un grande papà.

Il compito di comunicare la notizia al mondo con una conferenza stampa è toccato a Jermaine e più tardi Janet, che era molto vicina a suo fratello, si espresse così nel tentativo di spiegare il dolore della famiglia richiedendo un po’ di rispettosa privacy: “Per voi Michael era un’icona, per noi Michael era famiglia”. Il fratello Tito più tardi, in un’intervista durante la serie TV sui fratelli rimasti, disse che pensava a Michael, il suo fratello minore, “da solo in quel posto...” . Katherine Jackson quel giorno ha perso un figlio e non esiste dolore più grande della perdita di un figlio. E si vedeva.

Mentre l’anniversario della perdita di Michael si avvicina, mi rendo conto che Michael Jackson era molto più di un’icona per i suoi ‘afecionados’. Gli amici musicisti hanno perso un collega, il cast di “This Is It” ha perso la sua musa musicale, il mondo ha perso un talento stellare, ma qualcosa di fondamentalmente profondo è successo quando Michael è morto. Possiamo aver provato complicità, abbiamo forse guadagnato un po’ di compassione o almeno sembra che i più l’abbiano fatto. In che modo? Beh, lo sapete. Decidete voi come si chiama questo...
Per alcuni ammiratori Michael era una megastar, un genio musicale e sì, un’icona. Per qualcuno è stato la pietra miliare di tutta una vita. Ma era di più... per qualcuno Michael era un eroe o un maestro, qualcuno a cui ispirarsi per mantenere la speranza. Per le moltitudini era uno che nel mondo adulto “aveva capito”. Se siete cresciuti negli anni 60’ sapete cosa intendo, se no dovrete indovinare...

Michael Jackson creava nei testi delle sue canzoni, e con i loro messaggi, il tipo di mondo che i suoi fan e ammiratori volevano credere possibile. Disse loro che potevano fare un cambiamento e loro ci hanno creduto ma avevano davvero bisogno della sua guida per rimanere costanti. Alcuni erano incapaci di proseguire senza Michael e lo hanno seguito tristemente nell’eternità. Alcuni lo piangono ancora perché il dolore per questa particolare perdita rimane.

Molto della disperazione per la morte di Michael dipende dal fatto che chi non conosceva il vero Michael, cioè quelli che avevano i giornali scandalistici come unica fonte d’informazione su di lui, continuano a denigrarlo e a perpetuare false leggende metropolitane. Ancora oggi ci sono persone che scrivono il suo nome sul loro libro nero. Ancora oggi viene diffamato nonostante la sua assoluzione in tribunale, condannato per la sua vulnerabilità, ridicolizzato per la sua innocenza e per la sua semplice fiducia nella natura umana. E proprio la natura umana non lo ha trattato nel migliore dei modi. Questo è ciò che fa male.

Quando Michael è morto, si è portato via qualcosa; qualunque cosa essa sia, la sua perdita è sentita in modo molto forte da chi conosce il vero Michael. Lui ha avuto certamente la lealtà di queste persone, la loro ammirazione, non c’è bisogno di dirlo, hanno creduto in lui senza tentennamenti, ma lui aveva qualcos’altro che ha portato via con sé. L’ambasciatore della speranza, il cheerleader planetario che non disperava mai dell’umanità ha abbandonato il pianeta lasciando dietro di sé un vuoto incredibile. Questo è ciò che lo rende universale.

Un’anziana di novant’anni ha chiesto a una giovane donna della sua famiglia: “Perché piangete questo uomo per le strade?”. La statura di un uomo impone quel tipo di reazione? Che genere di persona si piange pubblicamente? Solo un’icona culturale? Un’icona musicale? Un simbolo? Cosa vedono in Michael per piangerlo pubblicamente? Forse questo merita più di uno sguardo superficiale, forse c’è di più. La domanda invita alla contemplazione e suggerisce una domanda e la relativa riflessione più profonda: “Piangerebbero pubblicamente per me se mi conoscessero per come sono davvero?”

Molti ancora si domandano perché soffrono ancora profondamente per questa perdita, perché sentono questo dolore dopo quasi un anno, perché lo sentono in modo così personale, perché sembra di aver perso uno di famiglia.
Bene, Michael era speciale, e voi sentite che non ce ne sarà mai più un altro.

Qualcos’altro è successo con la sua morte: per molti è stato un risveglio spirituale. Le tragedie collettive e personali provocano questo, si precipita in caduta libera a testa in giù nel vuoto, il luogo della perdita che rimane senza nome. La sua assenza ha cambiato così tanto alcuni che sono quasi irriconoscibili. C’era qualcosa di speciale in Michael…

C’è molto di più. Sono in tanti, ci sono storie su storie che raccontano quel momento nel tempo e come è stato il catalizzatore per nuove realtà. Ci sono momenti che non si possono qualificare come isterie di massa indotte, allucinazioni o ridicoli piagnistei. Quei momenti sono reali e commoventi. Lui, il suo lavoro e i suoi messaggi vengono elaborati in un modo nuovo che ne espande l’essenza. Sfida le spiegazioni e non ci sono parole, o almeno non ci sono ancora. E’ così inconsueto che è diventato un fenomeno.

Un dolore profondo ha sempre uno scopo. Se gli umani e la loro esperienza di vita hanno un qualche senso in questo mondo, questo è di migliorare la condizione umana ed elevare la coscienza e per farlo devono aprire il loro cuore. Non c’è nulla che apra di più il cuore umano di un dolore molto profondo. Non vi è nulla che tiri fuori l’umanità come il coltello tagliente del dolore. Esso scava a fondo e lascia lo spazio vuoto che può allora essere riempito di compassione.

Michael Jackson ci ha chiesto di diventare esseri compassionevoli, di guarire il mondo, di guardarci allo specchio e cambiare. Ha detto “siamo il mondo” e ci ha chiesto di salvare quel mondo e noi stessi da ogni forma di annichilimento. Ci ha chiesto questo per tutta la vita e in ogni modo che a lui era possibile, e ora ci regala questo dolore che apre i cuori e scava un pozzo da riempire con autentica compassione. Ci fa dono della riflessione. Ci ha prestato la sua vita, ora ci dà l’opportunità di espandere la coscienza riflettendo sul suo esempio. E’ rimasto costante, fiducioso e compassionevole fornendoci uno specchio che rifletteva ogni cosa che proiettavamo su di lui. Ci ha dimostrato esattamente che cos’è la mancanza di compassione collettiva.
L’ha dimostrato per tutti noi su questo pianeta in modo che forse possiamo riuscire a vedere quanto sia terribile, e forse decidere di agire in modo diverso in futuro.
Questo forse è il dono più grande che Michael ci ha fatto.

I miei occhi così umidi
Non ti arrendere alla solitudine così presto
Lasciala scavare a fondo.
Lasciala fermentare e stagionare
Perché pochi ingredienti umani e forse anche divini, possono farlo.
Qualcosa manca al mio cuore stanotte
Ha reso i miei occhi così umidi
La mia voce così dolce.
Il mio bisogno di Dio
È assolutamente chiaro.
Hafiz (Mistico sufi, 1320-1390 A.D.)

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