Quando in una città serba spuntò Michael Jackson
Al 49esimo festival di Karlovy Vary – 4/12 luglio – in Repubblica Ceca, è stato presentato in anteprima il film serbo “Monumento a Michael Jackson” del regista Darko Lungulov.
Il film, in gara per il prestigioso premio della rassegna “A est dell`occidente” è una commedia dolce-amara, con attori ottimamente scelti ed è uno di quei film che con facilità giungono al cuore dello spettatore.
Iz-filma-Spomenik-Majklu-Dzeksonu Con il suo flusso narrativo classico, senza essere gravato da equilibrismi scenici, pieno di emozioni e di simpatici eroi di mezza età che non hanno rinunciato ai loro sogni e alla loro fede nell`amore, questo film rende quel calore a cui il pubblico anela. Regala anche sorrisi, e proprio laddove li vuole il regista.
Con una regia sicura e ora anche esperta, Lungulov dipana la storia di umorismo nero di Marco (Boris Milosavljevic). Unico barbiere di una cittadina serba che sta lentamente morendo, Marco, con il suo innato altruismo, le sue motivazioni romantiche e il suo desiderio di riconquistare la donna amata Ljubinka (Natasa Tapuskovic), insieme all`amico Dusan (Dragan Bjelogrlic), un ufficiale dell`aeronautica che si occupa del piccolo aeroporto locale abbandonato, si lancia in un`avventura quasi folle e assurda.
Marco ha deciso di costruire, sul podio di un monumento partigiano appena rimosso (su decisione presa dal governo locale democratico appena eletto, siamo nel 2009), un monumento alla pop star Michael Jackson, con l`intento di far rivivere la città grazie allo sviluppo del turismo e all` apertura dell`aeroporto, e per mostrarsi all`amata Ljubinka.
Viene aiutato da alcuni personaggi, ciascuno mosso dalle proprie motivazioni umane, come il parroco (Ljubomir Bandovic) e il “re dei rifiuti” rom (Toni Mihailovski), e alla fine convincono anche il presidente della comunità locale, il baldanzoso democratico con un vero talento nel realizzare interessi personali dalle attività dei superiori e dei magnati senza scrupoli (Branislav Trifunovic).
Divertente, privo di cinismo, a volte tragicomico. Perché Lungulov ci parla proprio di come ci siamo trovati e rimasti bloccati nella cossiddetta transizione sociale e di come non sappiamo gestirla, dibattendoci in un contesto di valori alterati, spesso senza sapere dove andiamo a parare. Se non fosse vero, sarebbe ancora più divertente.
Iz-filma-Spomenik-Majklu-Dzeksonu Con il suo flusso narrativo classico, senza essere gravato da equilibrismi scenici, pieno di emozioni e di simpatici eroi di mezza età che non hanno rinunciato ai loro sogni e alla loro fede nell`amore, questo film rende quel calore a cui il pubblico anela. Regala anche sorrisi, e proprio laddove li vuole il regista.
Con una regia sicura e ora anche esperta, Lungulov dipana la storia di umorismo nero di Marco (Boris Milosavljevic). Unico barbiere di una cittadina serba che sta lentamente morendo, Marco, con il suo innato altruismo, le sue motivazioni romantiche e il suo desiderio di riconquistare la donna amata Ljubinka (Natasa Tapuskovic), insieme all`amico Dusan (Dragan Bjelogrlic), un ufficiale dell`aeronautica che si occupa del piccolo aeroporto locale abbandonato, si lancia in un`avventura quasi folle e assurda.
Marco ha deciso di costruire, sul podio di un monumento partigiano appena rimosso (su decisione presa dal governo locale democratico appena eletto, siamo nel 2009), un monumento alla pop star Michael Jackson, con l`intento di far rivivere la città grazie allo sviluppo del turismo e all` apertura dell`aeroporto, e per mostrarsi all`amata Ljubinka.
Viene aiutato da alcuni personaggi, ciascuno mosso dalle proprie motivazioni umane, come il parroco (Ljubomir Bandovic) e il “re dei rifiuti” rom (Toni Mihailovski), e alla fine convincono anche il presidente della comunità locale, il baldanzoso democratico con un vero talento nel realizzare interessi personali dalle attività dei superiori e dei magnati senza scrupoli (Branislav Trifunovic).
Divertente, privo di cinismo, a volte tragicomico. Perché Lungulov ci parla proprio di come ci siamo trovati e rimasti bloccati nella cossiddetta transizione sociale e di come non sappiamo gestirla, dibattendoci in un contesto di valori alterati, spesso senza sapere dove andiamo a parare. Se non fosse vero, sarebbe ancora più divertente.
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