venerdì 3 ottobre 2014

MJ l'Extraterrestre

Quando esce, nel 1982, ET l'extraterrestre, Michael Jackson ne rimane profondamente affascinato. Vede il film più e più volte riportando l'impressione magica di essere in prima persona dentro la storia, di vivere da protagonista quell'avventura accanto ai bambini, di volare con loro. L'attrazione è tale che, in seguito, musica la storia, pubblicando numerose canzoni ispirate alla pellicola di Spielberg.

Michael Jackson nel 1982 non ha 12 anni, ne ha 24.

Dopo la morte di MJ, avvenuta il 25 giugno del 2009, come da copione non c'è stato risparmiato nulla: tutte le ciance da sempre strepitate intorno alla sua persona hanno ripreso un volo iperbolico e anche adesso, a distanza di un anno dal decesso, ogni tanto spunta un amante gay o meno gay in possesso di segreti inconfessabili. Come pure ha ripreso un volo iperbolico il business che il caro estinto ha fatto decollare come mai avrebbe potuto sperare da vivo. Si calcola che a oggi solo sotto la voce "Musica di Michael Jackson" la famiglia abbia incassato circa 90 milioni di dollari. Ed è di pochi giorni fa la notizia che gli eredi hanno siglato un accordo economico con la Sony di 250 milioni di dollari per un progetto di ristampa di album editi, inediti, video, video giochi, ecc. Siamo di fronte ad un boom economico senza precedenti e siamo contenti per loro, un po' meno per aver perduto il talento e la genialità di un artista che stava per tornare in scena. E' certo che non volesse morire malgrado tutto. Ad un'amica aveva detto "non si sceglie mai nulla veramente nella vita". E, ancora una volta, aveva sbagliato credendo di scegliere un gruppo di lavoro affidabile che invece, come al solito, a cuore aveva unicamente la gran mole di danaro presto disponibile. Da 10 i concerti programmati erano diventati 50, con grande sgomento di M che - evidentemente - non poteva dire di no. Al suo fianco da diverse settimane aveva un medico, il dottor Conrad Murray, cardiologo, assunto però per curare l'insonnia di cui Michael Jackson soffriva da una vita, per la modica cifra di 120 mila dollari al mese. E' lui l'autore dell'iniezione finale. Gli inquirenti subito dopo il decesso in casa J hanno rinvenuto un'intera farmacia tra tranquillanti, oppiacei, anestetici, ansiolitici e si suppone che il dottore abbia velocemente occultato il peggio, poche ore dopo la morte del suo assistito.

Non si comprende come il fisico di MJ abbia potuto reggere quasi tre mesi di prove per "This is it" formate da un tour de force pazzesco finanche per un giovanotto in salute, figurarsi per lui, provato dalle sue malattie, dall'insonnia e da tutti quei farmaci terribili che quotidianamente assumeva.

Chiunque abbia visto il film postumo (realizzato da Kenny Ortega, direttore anche di quest' ultimo e di altri show di Jackson), tratto dalle riprese effettuate, appunto This is it, ha potuto constatare che il lavoro di Michael Jackson, condensato in quei pochi giorni è stato pesantissimo. Avvezzo ad occuparsi di tutto e nei minimi dettagli, ostinato perfezionista, si impiegava nella scelta dei ballerini, del coro, degli strumenti, dei musicisti, delle luci, delle coreografie e poi cantava e ballava per ore, provando e riprovando fino a notte fonda. Alcune dicerie sostengono che abbia avuto molta difficoltà per trovare un'assicurazione al suo show, altri dicono di no, ma per me che ho visto il film più volte credo proprio che i primi abbiano ragione: è vero che M cantava e ballava e che ad un'occhiata superficiale sarebbe potuto apparire in forma, ma in realtà era magro come non mai e, malgrado i numerosi strati di camice scintillanti indossati uno sull'altro, s'intravedevano le costole; gli occhi erano fessure, il respiro e la voce preziosa spenti; l'artista era allo stremo ed era palese come la luce del sole. Mentre scrivo sono qui che mi chiedo come sia stato possibile tale scempio. Come sia stato possibile che nessuno abbia voluto o potuto fermare questa corsa ad una fine prematura e certissima. Sono persuasa che MJ è stato una sorta di maschera ingigantita dell'orrore del nostro tempo. A lui è toccata la personificazione amara e grottesca di quello che la barbarie del nostro tempo propina come unica realtà culturale possibile: l'apparire vincente e perennemente giovani, in una continua messa in scena mediatica dentro la quale se non sei al massimo e splendente, luccicante come la carrozzeria di un'auto nuova, non significhi nulla, perdi terreno, diventi perdente. E, soprattutto in America, chi perde anche solo una volta, non si perdona.

Molti aspetti di quella notte e di quella mattina sono a tutt'oggi confusi e contraddittori. Il dottore è praticamente a piede libero e non si riescono a capire alcuni dettagli che la famiglia sostiene essere segretissimi perché ancora al vaglio degli inquirenti.

Dopo tre autopsie, l'otto luglio le attese esequie si svolgono dentro lo stesso stadio (lo Slapter Center di Los Angeles) in cui MJ stava provando This is it. Qualcuno lo battezza il grande "Funeral Show" per accedere al quale si devono comprare i biglietti, come per una partita di calcio; la salma imbalsamata contro il volere del defunto che indicava la cremazione come volontà finale. Chissà, forse si sta già pensando ai guadagni futuri quando la grande famiglia farà pagare un caro biglietto per la prima ostensione. Ed è un peccato aver perso anche quest'ultima occasione per smettere di fare showbiz e, per una volta, parlare di Michael Jackson.

Dell'importanza immensa che la sua musica e le sue idee hanno avuto per tutti gli artisti a venire che ancora oggi continuano ad attingere al suo modo di ballare, ai suoi video rivoluzionari, alle sue canzoni, ognuna delle quali rappresenta un mondo d'emozioni smisurato e potente.

Di come MJ si sentisse e si ritenesse Peter Pan e che da tale invece si fosse ritrovato dipinto quale feroce divoratore di bimbi, di come avesse potuto, fin dalla più giovane età, minare la sua integrità fisica e trasformarsi in una sorta di feticcio di se stesso pur di continuare a sentirsi il "re del pop"; parlare finalmente della sua immensa, profonda solitudine, colma di morfina, di anestetici e di ottenebrato stupore. Parlare del danno irreparabile che la stampa e le televisioni hanno deliberatamente procurato ad una persona innocente, scagionata dal suo stesso accusatore e dal un regolare processo, costantemente crocefissa e giudicata. Parlare del fatto che MJ è entrato nel Guinness dei primati mondiale come la persona che ha donato più soldi al mondo in beneficenza ad enti pubblici e privati.

Parlare di tutto quello che amava, dell'affetto vero che nutriva nei confronti dei bambini e di quante volte con la forza della disperazione avesse detto di essere incapace anche solo di pensare di poter far del male ad un bimbo; parlare del suo essere padre. Spesso diceva: "Quando dici a tuo figlio che gli vuoi bene, lo devi guardare dritto negli occhi. Sono cose importanti queste". Nessuno ha avuto un briciolo di compassione per Michael Jackson. Compassione vera, quella latina, la con-passione; nessuno lo ha mai compreso per davvero. Sarebbe bastato ascoltare con attenzione i testi di alcune sue canzoni: in molte c'è una esplicita richiesta di aiuto. Era un uomo geniale, intelligente, tenace, talentuoso con un immenso buco dell'anima, grande come il mondo. A babbo morto si scoprono molte cose: Martin Bashir confessa con un video su YouTube d'aver manipolato il documentario scandalo che tanti soldi gli ha fruttato e ripete incessantemente che M non era un criminale; Evan Chandler (padre di Jordan e primo accusatore) si suicida per il rimorso di aver denunciato un fatto inventato e per lo scrupolo che si porta dietro nei confronti del figlio che pubblicamente dichiara l'innocenza di M e che il padre cercava un modo per uscire dalla povertà; fior fiori di dermatologi, compreso i medici autoptici, confermano quanto dichiarato sempre da MJ e cioè che era affetto da più di vent'anni da vitiligine totale e che non aveva subito nessun intervento artificiale per schiarire la pelle; a babbo morto si scopre che toh, Michael Jackson era proprio una brava persona, un po' eccentrica forse ma diamine, a good kid! Un bravo ragazzo che, nella realtà, sin dall'età di 5 anni era una macchina vivente per fare soldi, nel Paese, appunto l'America, del dio denaro. Così impegnato a farne a palate da non riuscire a proteggersi a sufficienza. Non aveva mai imparato a farlo né sapeva scegliere gli uomini giusti per risolvere tutto quello che il suo spirito etereo e distaccato dalle cose del mondo rifiutava di credere che esistesse: la sporcizia della vita.

Si circondava di centinaia di persone strapagate ma non parlava mai di un amico fidato o di qualcuno con cui confidarsi, un amico del cuore; nemmeno una relazione stabile. Non sapeva acquistare i mobili per l'arredamento delle sue fantastiche abitazioni, li sceglieva a caso (alcuni li aveva già senza ricordarlo). Come poteva gestire un impero e la sua stessa vita quando gli era stata negata la possibilità di acquisire i mezzi per il raggiungimento della facoltà di discernimento, della facoltà di fare la spesa al supermercato o dal mobiliere. Tutti gli spicchi della sua vita reale erano stati delegati e male.

Non sapeva proteggersi, era senza pelle eppure tutti attaccati al seno della sua cornucopia, tutti a succhiare, ed è per questo che, in realtà, si può escludere che qualcuno lo volesse morto, sopratutto un anno fa, all'epoca della sua morte, quand'era pieno di debiti da colmare e danari da rifare. Se avesse voluto, la famiglia lo avrebbe fatto fuori molto tempo prima e con diverse modalità; il famigerato dottor Murray, anch'egli pieno di debiti, difficilmente avrebbe rinunciato al suo stratosferico compenso mensile, uccidendo la pop star più famosa al mondo, diffamando per sempre la sua reputazione.

Michael Jackson, il bravo ragazzo, l'uomo più solo al mondo, aveva però in se un alter ego onnipotente: egli era anche il il Re. Non dell'impero del danaro ma degli uomini e non c'è persona capace di rinunciare ad essere il centro del mondo. E a lui riusciva naturale stare sul palco, recitare una parte, lo faceva fin da bimbetto. Nessuno si è preso la briga di insegnarli come si vive nel reale, poiché a tutti faceva fin troppo comodo (economicamente in primis a lui stesso, a lui e alla sua famiglia) vederlo vagolare nel suo perpetuo stato di gossip personificato, scontornato da ogni connotato umano. Così come il suo volto, tutto il personaggio era maschera ad uso e consumo del pubblico pettegolo e compratore; bastava uscisse di casa e, voilà, soldi, soldi e soldi per tutti. Eccolo che si fa fotografare con lo stuolo di guardie del corpo al suo fianco e una mascherina anti smog appiccicata sul viso, solo gli occhi fuggevoli si scorgono, oh il mistero, i figli addobbati di piume e di voulants come maschere veneziane, vanno per strada, ecco poi si ferma, pare benedire i sudditi, no ora cammina lento e maestoso, è la pop star più famosa del pianeta, è lui, è MJ! Chiunque si sia arricchito sul gossip galoppante intorno a MJ non ha mai faticato molto poiché Michael Jackson il gossip se lo costruiva da solo: era sufficiente che la sua anima galleggiante nell'etere della vita toccasse la merda del mondo e il gioco era fatto. Nemmeno un pazzo lo avrebbe ammazzato, perché uccidendolo, il divertimento finiva, com'è realmente successo.

Sono rimasti tutti malissimo, tanto che, la famiglia per prima, cercano misteri e stranezze pur di continuare il giochetto lucroso e succoso dell'inutile e grave bla bla bla. E quanto avrebbe goduto la polizia di Los Angeles se avesse scoperto un mandante, un oscuro complotto dietro la morte della super star? Quanti libri, quante interviste, quanti soldi per gli ottimi poliziotti se solo avessero avuto in mano sospetti, indizi, anche uno straccio di dubbio. Sarebbe stato un bocconcino appetitoso per la polizia di Los Angeles (sono stati mobilitati gli uomini e le menti migliori per le indagini), una vetrina inusitata che, certo, non si sarebbero fatti scappare.

Invece no, dopo numerosi controlli alla macchina, al telefonino, ad ogni minimo spostamento del dottor Murray, dopo tre autopsie e reiterati controlli su ogni minimo particolare si scopre ciò che era scritto da molto tempo: pur di resuscitare e regnare di nuovo nel mondo dell'immaginario collettivo Michael Jackson uccide Michael Jackson per mezzo del dottor Murray. La notte tra il 24 e il 25 giugno del 2009 si consuma la routine consolidata oramai da anni: sonniferi uno sull'altro, insonnia perdurante, lamentela ed angoscia continua, iniezione finale, agognata, desiderata: eccoti il Propofol, dormi per sempre e addio. Nessuno potrà mai sapere l'esatta dinamica dei fatti, nessuno. Sebbene sia vero che MJ uccide MJ, è altrettanto vero che non succede in quell'attimo. L'anno scorso ricordo che ho chiesto ad un'amica se fosse dispiaciuta della morte di J. Come prima cosa mi risponde "ma sei pazza, dispiaciuta per quel maledetto pedofilo?!" e poi "lo strano è che non sia morto prima...".

La dice lunga su tutta la storia della vita di M in quest'ultimo decennio. E, in ultimo, egli, com'è comprensibile, voleva a tutti i costi riscattare se stesso, la sua fama ed il suo onore. Eppure continuo a chiedermi come sia possibile che tra tutti i sostenitori, tra tutti i beneficiari attaccati come cozze a This is it, a nessuno sia balenata la consapevolezza che forzare il fisico così debilitato, così minato di Michael Jackson sarebbe stato un boomerang micidiale, come infatti è accaduto.

Come mai nessuno - compresi i familiari - abbia visto come l'uomo non poteva sopportare il carico di lavoro né la fortissima pressione psicologica, soprattutto conoscendo il suo maniacale perfezionismo e la sua indiscussa, almeno questa, professionalità. Oppure, ancora una volta, era più semplice accettare il rischio della sua fine in relazione ai profitti a divenire, senza voler credere o facendo finta di credere che la morte giammai sarebbe venuta a bussare al capezzale del grande re, col suo dottorino cardiologo a domicilio ventiquattrore su ventiquattro, con la sua paccottiglia di droghe legali miscelate ad arte per ottimizzare un falso benessere che a nulla è servito se non forse, si spera, a crepare senza soffrire.

Sono convinta che il mondo tutto avesse il dovere di occuparsi di Michael Jackson, di non voltargli la faccia. Lo credo perché lui, da imperatore quale spesso si sentiva, il mondo lo voleva cambiare e in parte e per molti versi c'è pure riuscito. Dopo la sua musica e la sua interpretazione artistica, che ci piaccia o no, il modo di comunicare è mutato per sempre e tutti abbiamo capito che l'impegno umano profondo può passare e arrivare al suo scopo anche attraverso l'universo del pop. Anzi, grazie alla sua coralità e, spesso, grazie anche alla sua semplice estrinsecazione, riesce più efficace e reale di tanta vanagloriosa politica.

Io credo che non sia importante quanto abbia sbagliato il dottor Murray a dosare il Propofol perché sono persuasa che MJ conoscesse i limiti del suo corpo, ma che sia scientemente andato oltre - come sempre - per la stessa ragione per cui non è rimasto in esilio, all'estero nei suoi lidi dorati e sperduti come l'isola che non c'è. Michael Jackson non poteva smettere di essere Michael Jackson accettando consapevolmente il rischio di morire.

"La tristezza è il nostro destino: ma è per questo che le nostre vite saranno cantate per sempre, da tutti gli uomini che verranno" (Iliade, Omero).

Ieri un amichetto di mio figlio di quasi undici anni guardava e riguardava il video di Thriller scaricato da Youtube. "Ehi, " gli ho detto "un vecchio video di Michael Jackson! Ti piace vero?" Serio serio mi ha fissato lo sguardo dritto negli occhi: "Scherzi, Micheal non è come tutti gli altri, è fichissimo, per me lui sì che è un vero extraterrestre...".

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